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2011/2012 - in forma anonima (01)

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autore:

studentessa (in forma anonima)

 

Perché usare l’arte come terapia: arte – comunicazione - terapia


“"Nell'atto di creazione di ciascun individuo
l'arte nutre l'anima,coinvolge le emozioni e libera lo spirito,
e questo può incoraggiare le persone a fare qualcosa
semplicemente perché vogliono farlo.
L'arte può motivare tantissimo, poiché ci si riappropria,
materialmente e simbolicamente,
del diritto naturale di produrre un'impronta
che nessun altro potrebbe lasciare
ed attraverso la quale esprimiamo
la scintilla individuale della nostra umanità"
(da “"Arteterapia in educazione e riabilitazione", Bernie Warren)



Quella che segue è una lunga riflessione che ho fatto sulla mia concezione di arte e sul come questa concezione sia cambiata facendo arteterapia.
Prima di conoscere l’arteterapia, consideravo errato pensare all'arte come un mezzo di sola espressione individuale,usata per scopi personali fini a se stessi, escludendola,cioè, dal contesto sociale in cui essa era prodotta.
L'arte, per me, ha sempre avuto una funzione prettamente comunicativa che poi, a seconda del committente e del pubblico, assumeva una forma, un significato e un valore differente. La scienza sostiene l'idea che in essa non ci sia nessuna logica, nessuna esigenza, nessun rigore. L'arte è invece anche un metodo, che a differenza della scienza, non lavora per eliminare dal suo terreno il caso, l'irrazionale, lo spontaneo, ma invece lo integra e lo usa. Il concetto, molto diffuso oggigiorno e a cui si deve questa concezione dell’ arte, è quello dell’ “arte per l’arte” e ha le sue radici nel Romanticismo.
Con l’arteterapia, però, l'arte diventa una necessità, e non solo un'espressione culturale. Nell'arteterapia il prodotto artistico non ha una funzione economica o politica, bensì una funzione curativa. L'arteterapia tratta l’arte essenzialmente come una forma di comunicazione, un linguaggio non verbale, e la usa per creare un colloquio, che si svolge principalmente con se stessi e poi con gli altri, e ne usufruisce per instaurare un dialogo che con altri mezzi non può avvenire.
Per spiegare meglio questa mia riflessione vorrei riportare alcune considerazioni che ho fatto sulla comunicazione, argomento su cui mi sono ritrovata a riflettere molto nel corso di questo percorso terapeutico.
Per cominciare bisogna ricordare che sono determinanti, nella comunicazione interpersonale, una serie di fattori che, nei casi di patologie gravi, non possono essere usati: gesti, espressioni, posture, movimenti e azioni, atteggiamenti, intonazioni di voce, grafie ecc.
Studiando il significato della parola “comunicazione” ho appreso che comunicare significa sostanzialmente condivisione, partecipazione e associazione e che per comunicare noi usiamo il segno. Il segno è il risultato dell’associazione di un significante ad un significato: il segno sta al posto di un qualcos’ altro, di un pensiero, una concezione astratta o anche concreta. Nel linguaggio il segno diventa un significante acustico, mentre gli oggetti (come i segnali stradali, geometrici ecc..) sono segni non linguistici.
Nel momento in cui il segno linguistico viene a mancare e non è possibile instaurare una comunicazione tramite il segno acustico, bisogna usare il segno grafico, non linguistico. Ragionando su questi punti ho osservato che l'arte serve effettivamente come mezzo di comprensione, di attribuzione di senso, e al fine di chiarire esperienze interiori senza parole, che spesso sono insufficienti o mancano nel descrivere il proprio vissuto: quante volte ci è capitato di voler descrivere un periodo della nostra vita senza, però, riuscire a descrivere effettivamente ciò che ha significato per noi?

Continuando questa riflessione si può dire che le parole facciano parte di quella categoria di segni definiti “simbolici”, cioè arbitrari, caratterizzati da un legame convenzionale. I segni definiti iconici, invece, rappresentano l’oggetto, come la fotografia.
Spesso utilizziamo i segni simbolici, le parole, per mascherare ciò che è la realtà, e lo facciamo anche con il nostro vissuto che, attraverso le nostre parole, viene manipolato e tradotto per poi essere comunicato, o magari abbellito, mascherato o celato. Basti pensare che per organizzare un discorso noi attraversiamo sostanzialmente “5 fasi”: invenzione (trovare qualcosa da dire), disposizione (ordinare ciò che si è trovato), elocuzione (aggiungere ornamenti, figure retoriche, esempi), pronunciare (recitare il discorso organizzato prima) e memorizzare cioè che si è detto in modo da non contraddirsi successivamente.

Ciò che ho osservato facendo arte terapia è che attraverso il segno grafico, ovvero attraverso l’arte, è più difficile che questo mascheramento avvenga, poiché molto spesso quello che prodotto finale rappresenta lo creiamo senza passaggi intermedi, e lo comunichiamo inconsciamente attraverso il colore, la forma e la linea. Si può, dunque, affermare che l'arte è una menzogna perchè tutto quello che riproduce un artista, rispecchia la realtà che lo circonda,ma non è la vera realtà quello che lui scolpisce,oppure disegna, è solo una riproduzione di quello che i suoi occhi, o il suo inconscio, trasmettono la suo cervello.
L'arte ci permette di conoscere la verità di ogni individuo, e anche la realtà in senso generale. Quando Picasso afferma che “l’arte è una bella menzogna necessaria a scoprire la verità” intende dire che qualunque sia l’oggetto dell’arte, non è mai qualcosa che si disconnette dalla realtà, fine soltanto ad un melodioso gioco di parole, ad un intrecciarsi di forme, ad una piacevole composizione di suoni. Dietro alle tematiche d’evasione, ai paesaggi favolosi, alle situazioni rocambolesche, si cela il disperato bisogno dell’artista di fuggire da una realtà non accettata: basta una lettura poco più approfondita per scoprire la realtà storica, politica, sociale, culturale entro la quale l’opera è stata creata.
A tal proposito c’è chi sostiene che l'arte sia un linguaggio, superiore a tutti gli altri, ma che resti pur sempre tale, e che un linguaggio abbia senso solo quando incontra qualcuno che lo capisce e lo interpreta. Per quanto concerne l’arteterapia, sono dell’idea che ancora prima dell’interpretazione del lavoro artistico, sia importante il fatto stesso di produrre, poiché è l’atto di fare arte che costruisce il percorso di terapia. Con l’arteterapia le parole dette e scritte cedono, dunque, il posto alla forma e al colore.


"L'ALTRO"

Un lavoro che mi ha particolarmente aiutato a riflettere sul mio rapportarmi con il mondo, è quello sull’altro. Per questo lavoro ho deciso di portare avanti le riflessioni fatte nel diario illustrato. Ho scelto di lavorare su una scatola di ricordi, che ho da moltissimo tempo, in cui ho racchiuso tutti gli oggetti che negli ultimi quattro anni rappresentano in un qualche modo le mie esperienze, le mie conoscenze e le persone che ho avuto modo di incontrare. Ho rivissuto il mio passato una seconda volta e l ho trovato molto più ricco e colorato di quanto non ricordassi prima. Nel procedere alla disposizione su un piano del contenuto della scatola, mi sono resa conto di quante volte ho avuto occasione di conoscere gli altri e di quanto “l’altro” faccia parte della mia vita. In sostanza mi sono resa conto di quanto sia stato importante per me imparare a comunicare. In questo senso, secondo una mia interpretazione, comunicare significa: offrire all’altro degli indizi e trarre indicazioni dagli indizi, che possono essere parole, oggetti, gesti, offerti agli altri, e che io negli anni ho collezionato nella mia scatola. Nel fare arte terapia ho capito che il fine è sostanzialmente lo stesso. Ogni messaggio che il paziente da non viene interpretato per il suo senso letterale, cioè per l informazione linguistica pura, ma piuttosto per quello che quel messaggio permette di capire, ossia di conoscere.

 

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"SESSUALITA'"

Il terzo lavoro, fatto in laboratorio, aveva come tematica la sessualità. In questo lavoro, ho voluto creare un disegno che rispecchiasse una frase, ( molto significativa per i motivi elencati precedentemente) di Oscar Wilde : “Rimpiangere le proprie esperienze significa arrestare il proprio sviluppo. Rimpiangere le proprie esperienze significa porre una menzogna sulle labbra della propria vita. È quasi come negare l'esistenza dell'anima”. Per rappresentare questa frase ho disegnato due mani, una maschile e una femminile, che si intrecciano sotto una cascata di petali rossi , simboleggianti le esperienze. I petali che vengono a contatto con la pelle delle due mani diventano tatuaggi che man mano si evolvono, si addizionano, si moltiplicano, fino a creare, sulla pelle, delle rose. Il motivo per cui ho voluto rappresentare come tatuaggi le esperienze, è dovuto al fatto che oggi si sceglie il tatuaggio non solo come autentica celebrazione dei propri gusti e del proprio modo di essere, ma anche come che manifesto dei propri personali eventi di vita, delle proprie esperienze vissute. Il tatuaggio può essere considerato come una cicatrice del proprio sentire. Oggi ci si tatua per tirare fuori quello che si ha dentro trasformando il proprio corpo come strumento di comunicazione.

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"VIOLENZA"

L’ultimo lavoro realizzato durante il corso, è stato quello sulla violenza. In questo lavoro ho voluto rappresentare non solo la violenza in se, ma anche ciò che circonda la violenza: il silenzio. Credo fermamente che sia l’atto violento che il silenzio vadano messi sullo stesso piano. Oggigiorno la violenza è talmente tanto diffusa che non ci stupisce più, come se ci avessimo fatto l’abitudine. A volte arriviamo persino a giustificare la violenza come un atto voluto e dovuto. Il culto della violenza è l'esaltazione della violenza come stile di vita e mezzo d'azione per conseguire ogni fine. Spesso i mezzi di comunicazione di massa e d'intrattenimento sono indicati come alcuni dei principali propagatori di questa cultura sociale, a causa dell'estetizzazione della violenza e della presunta assuefazione. Questo fenomeno lo trovo paradossale e spaventoso. Io non riesco a pensare alla violenza come qualcosa di “normale” o intrinseco dell’essere umano. Trovo ipocrita giustificate un atto tanto estremo facendo leva sulla natura animalesca dell’uomo – in tal proposito sento spesso la frase di Nicolás Gómez Dávila “L'uomo è un animale che immagina di essere uomo” usata a tale scopo –. Giustificando la violenza si arriva, per ovvia conseguenza, a non concepirla come qualcosa di preoccupante, la si percepisce come qualcosa che, infondo, è lontana da noi e non ci deve preoccupare più di tanto. Da qui nasce il silenzio, e il silenzio, a mio parere, non fa altro che alimentare la violenza.
Per questi motivi ho voluto rappresentare con il mio lavoro una frase di John Lennon: “Viviamo in un mondo in cui ci nascondiamo per fare l’amore, mentre la violenza e l’odio si diffondono alla luce del sole”. Il risultato finale è una sfera trasparente rotta a metà con dentro la testa di una rosa seccata ricoperta di cera rossa – che rappresenta l’atto di violenza in se-, rinchiusa dentro una seconda sfera trasparente,più grande – rappresentate il silenzio - sigillata da un nastro con un’ etichetta su cui ho riportato la citazione di John Lennon.
Il motivo per cui ho deciso di creare un oggetto tridimensionale e non pittorico è dovuto alla mia necessità di dare un senso ancora più concreto a qualcosa di così reale, e non lontano dalla nostra realtà, come l’aggressività, l’odio, la brutalità e la crudeltà dell’essere umano. Parlando del “materiale” trovo, inoltre, importante sottolineare che nell’arteterapia il materiale svolge il ruolo importante di “veicolo” di emozioni e sentimenti: la “materia” attraverso la quale il mondo interiore dell'individuo può manifestare la sua forma. Tutti i materiali possiedono caratteristiche intrinseche e modalità di utilizzo. Conoscere le qualità dei materiali è piuttosto affascinante; poiché i mezzi e gli strumenti hanno ognuno cose particolari che possono e non possono fare. Essi possiedono qualità ai cui noi rispondiamo sia cognitivamente che emotivamente. La creatività esige libertà e spontaneità nell'utilizzo dei vari mezzi espressivi e ciascun materiale artistico permette la realizzazione e la manifestazione di una forma che emerge dal profondo di ogni individuo; forma che non è casuale, ma gli appartiene totalmente ed anzi, rispecchia una parte di sé.

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