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2011/2012 Miscia Traman

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autore:

Miscia Traman

La psicanalisi ha una validità terapeutica?

Ecco la domanda che mi sono posto quando ho scelto di frequentare questo corso. Io, partendo da studi elementari fatti alle superiori su Freud e il suo pensiero, mi sono sempre trovato in una dimensione estremamente critica nei confronti della psicanalisi, eppure agognavo la possibilità di studiarla, non solo teoricamente (quello lo potevo e l'ho fatto da solo) ma soprattutto a livello pratico, perché volevo capire se le mie critiche fossero effettivamente fondate oppure nate semplicemente da uno studio superficiale e scolastico della materia. Il corso mi ha fornito un eccellente spunto di riflessione su cosa effettivamente il metodo psicanalitico lavora e qual è il campo in cui esercita maggiore influenza.

Partendo dai lavori eseguiti durante il laboratorio e dalle esperienze che essi hanno apportato e, dallo studio di Lacan, ho potuto fare una lunga riflessione che mi ha condotto a un radicamento delle mie critiche nei confronti di questo pensiero, anche se è innegabile che questo studio abbia comunque contribuito a farmi scoprire aspetti, forse più legati all'empirico, che trovo affini al mio pensiero.

Bene dopo questa piccola introduzione parto con la descrizione delle esperienze che ho avuto durante i quattro laboratori del corso.

"L'ALTRO"

Il lavoro sull'altro l'ho trovato estremamente interessante perché in sole due ore sono riuscito ad ottenere un lavoro esteticamente non eccellente ma in cui sono riuscito a imprimere cos'è per me l'altro. Sono partito da un quadrato di creta, piuttosto sottile e tramite la tecnica a sbalzo ho fatto apparire un volto. La cosa importante di questa esperienza è il procedimento. Infatti, mentre io creo un negativo spingendo l'argilla con le dita, idealmente mi immagino l'incontro con l'altro, e a primo impatto io riverso su di lui le mie impressioni negative e positive, creandone un negativo. Ed è solo con il tempo che si approfondisce la conoscenza, e quindi pian piano, dall'altro lato si viene a creare un positivo, perché l'altro lentamente si svuota della impressioni iniziali assolutamente soggettive e acquista una sua tridimensionalità come io diverso da me e quindi una dimensione oggettiva. Ho lasciato il volto senza occhi e bocca finiti perché in sole due ore non credo di riuscire a conoscere una persona così bene da poterla identificare a trecentosessanta gradi. Non casualmente ho scelto l'argilla come materiale, innanzi tutto perché è un materiale favorevole alla tecnica dello sbalzo, ma anche perché cotta, da grigia diventa rossastra, acquista calore e questo rimanda al fatto che vedo l'altro come un qualcosa di vivo , di caldo. In fondo tutte le conoscenze, che si fanno nella vita, buone o cattive che siano contribuiscono ad arricchire la nostra anima. Dico anche quelle negative, perché vedo nel dolore una forma fondamentale, necessaria alla vita, tramite esso (se lo si supera) si cresce, si matura. Il dolore, il male sono necessari a prendere coscienza del bene.

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2011/2012 - in forma anonima (01)

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autore:

studentessa (in forma anonima)

 

Perché usare l’arte come terapia: arte – comunicazione - terapia


“"Nell'atto di creazione di ciascun individuo
l'arte nutre l'anima,coinvolge le emozioni e libera lo spirito,
e questo può incoraggiare le persone a fare qualcosa
semplicemente perché vogliono farlo.
L'arte può motivare tantissimo, poiché ci si riappropria,
materialmente e simbolicamente,
del diritto naturale di produrre un'impronta
che nessun altro potrebbe lasciare
ed attraverso la quale esprimiamo
la scintilla individuale della nostra umanità"
(da “"Arteterapia in educazione e riabilitazione", Bernie Warren)



Quella che segue è una lunga riflessione che ho fatto sulla mia concezione di arte e sul come questa concezione sia cambiata facendo arteterapia.
Prima di conoscere l’arteterapia, consideravo errato pensare all'arte come un mezzo di sola espressione individuale,usata per scopi personali fini a se stessi, escludendola,cioè, dal contesto sociale in cui essa era prodotta.
L'arte, per me, ha sempre avuto una funzione prettamente comunicativa che poi, a seconda del committente e del pubblico, assumeva una forma, un significato e un valore differente. La scienza sostiene l'idea che in essa non ci sia nessuna logica, nessuna esigenza, nessun rigore. L'arte è invece anche un metodo, che a differenza della scienza, non lavora per eliminare dal suo terreno il caso, l'irrazionale, lo spontaneo, ma invece lo integra e lo usa. Il concetto, molto diffuso oggigiorno e a cui si deve questa concezione dell’ arte, è quello dell’ “arte per l’arte” e ha le sue radici nel Romanticismo.
Con l’arteterapia, però, l'arte diventa una necessità, e non solo un'espressione culturale. Nell'arteterapia il prodotto artistico non ha una funzione economica o politica, bensì una funzione curativa. L'arteterapia tratta l’arte essenzialmente come una forma di comunicazione, un linguaggio non verbale, e la usa per creare un colloquio, che si svolge principalmente con se stessi e poi con gli altri, e ne usufruisce per instaurare un dialogo che con altri mezzi non può avvenire.
Per spiegare meglio questa mia riflessione vorrei riportare alcune considerazioni che ho fatto sulla comunicazione, argomento su cui mi sono ritrovata a riflettere molto nel corso di questo percorso terapeutico.
Per cominciare bisogna ricordare che sono determinanti, nella comunicazione interpersonale, una serie di fattori che, nei casi di patologie gravi, non possono essere usati: gesti, espressioni, posture, movimenti e azioni, atteggiamenti, intonazioni di voce, grafie ecc.
Studiando il significato della parola “comunicazione” ho appreso che comunicare significa sostanzialmente condivisione, partecipazione e associazione e che per comunicare noi usiamo il segno. Il segno è il risultato dell’associazione di un significante ad un significato: il segno sta al posto di un qualcos’ altro, di un pensiero, una concezione astratta o anche concreta. Nel linguaggio il segno diventa un significante acustico, mentre gli oggetti (come i segnali stradali, geometrici ecc..) sono segni non linguistici.
Nel momento in cui il segno linguistico viene a mancare e non è possibile instaurare una comunicazione tramite il segno acustico, bisogna usare il segno grafico, non linguistico. Ragionando su questi punti ho osservato che l'arte serve effettivamente come mezzo di comprensione, di attribuzione di senso, e al fine di chiarire esperienze interiori senza parole, che spesso sono insufficienti o mancano nel descrivere il proprio vissuto: quante volte ci è capitato di voler descrivere un periodo della nostra vita senza, però, riuscire a descrivere effettivamente ciò che ha significato per noi?

Continuando questa riflessione si può dire che le parole facciano parte di quella categoria di segni definiti “simbolici”, cioè arbitrari, caratterizzati da un legame convenzionale. I segni definiti iconici, invece, rappresentano l’oggetto, come la fotografia.
Spesso utilizziamo i segni simbolici, le parole, per mascherare ciò che è la realtà, e lo facciamo anche con il nostro vissuto che, attraverso le nostre parole, viene manipolato e tradotto per poi essere comunicato, o magari abbellito, mascherato o celato. Basti pensare che per organizzare un discorso noi attraversiamo sostanzialmente “5 fasi”: invenzione (trovare qualcosa da dire), disposizione (ordinare ciò che si è trovato), elocuzione (aggiungere ornamenti, figure retoriche, esempi), pronunciare (recitare il discorso organizzato prima) e memorizzare cioè che si è detto in modo da non contraddirsi successivamente.

Ciò che ho osservato facendo arte terapia è che attraverso il segno grafico, ovvero attraverso l’arte, è più difficile che questo mascheramento avvenga, poiché molto spesso quello che prodotto finale rappresenta lo creiamo senza passaggi intermedi, e lo comunichiamo inconsciamente attraverso il colore, la forma e la linea. Si può, dunque, affermare che l'arte è una menzogna perchè tutto quello che riproduce un artista, rispecchia la realtà che lo circonda,ma non è la vera realtà quello che lui scolpisce,oppure disegna, è solo una riproduzione di quello che i suoi occhi, o il suo inconscio, trasmettono la suo cervello.
L'arte ci permette di conoscere la verità di ogni individuo, e anche la realtà in senso generale. Quando Picasso afferma che “l’arte è una bella menzogna necessaria a scoprire la verità” intende dire che qualunque sia l’oggetto dell’arte, non è mai qualcosa che si disconnette dalla realtà, fine soltanto ad un melodioso gioco di parole, ad un intrecciarsi di forme, ad una piacevole composizione di suoni. Dietro alle tematiche d’evasione, ai paesaggi favolosi, alle situazioni rocambolesche, si cela il disperato bisogno dell’artista di fuggire da una realtà non accettata: basta una lettura poco più approfondita per scoprire la realtà storica, politica, sociale, culturale entro la quale l’opera è stata creata.
A tal proposito c’è chi sostiene che l'arte sia un linguaggio, superiore a tutti gli altri, ma che resti pur sempre tale, e che un linguaggio abbia senso solo quando incontra qualcuno che lo capisce e lo interpreta. Per quanto concerne l’arteterapia, sono dell’idea che ancora prima dell’interpretazione del lavoro artistico, sia importante il fatto stesso di produrre, poiché è l’atto di fare arte che costruisce il percorso di terapia. Con l’arteterapia le parole dette e scritte cedono, dunque, il posto alla forma e al colore.


"L'ALTRO"

Un lavoro che mi ha particolarmente aiutato a riflettere sul mio rapportarmi con il mondo, è quello sull’altro. Per questo lavoro ho deciso di portare avanti le riflessioni fatte nel diario illustrato. Ho scelto di lavorare su una scatola di ricordi, che ho da moltissimo tempo, in cui ho racchiuso tutti gli oggetti che negli ultimi quattro anni rappresentano in un qualche modo le mie esperienze, le mie conoscenze e le persone che ho avuto modo di incontrare. Ho rivissuto il mio passato una seconda volta e l ho trovato molto più ricco e colorato di quanto non ricordassi prima. Nel procedere alla disposizione su un piano del contenuto della scatola, mi sono resa conto di quante volte ho avuto occasione di conoscere gli altri e di quanto “l’altro” faccia parte della mia vita. In sostanza mi sono resa conto di quanto sia stato importante per me imparare a comunicare. In questo senso, secondo una mia interpretazione, comunicare significa: offrire all’altro degli indizi e trarre indicazioni dagli indizi, che possono essere parole, oggetti, gesti, offerti agli altri, e che io negli anni ho collezionato nella mia scatola. Nel fare arte terapia ho capito che il fine è sostanzialmente lo stesso. Ogni messaggio che il paziente da non viene interpretato per il suo senso letterale, cioè per l informazione linguistica pura, ma piuttosto per quello che quel messaggio permette di capire, ossia di conoscere.

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2011/2012 Roberta

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Roberta

 

Qualche parola come introduzione…

L'arte-terapia è un percorso di appoggio e/o cura di indirizzo psichico. È importante però, prima di applicare il metodo su altre persone, fare un’analisi di se stessi. Questo corso ci ha aiutato (a chi più, a chi meno) a notare certi aspetti della nostra vita a cui magari non
davamo troppa importanza.
Inizialmente pensavo che il corso fosse più didattico, con molte più nozioni sul linguaggio del disegno in generale, anche applicato ai bambini, che sostanzialmente sono l’argomento che più mi affascina. Avevo già letto un libro sul tema per un altro corso che si chiama “i disegni dei bambini come aiuto diagnostico” di Joseph H. Di Leo, e l’avevo trovato estremamente interessante.
Personalmente devo dire di essere una persona abbastanza estroversa con le persone che conosco, quindi parlare di cose e problemi personali era una cosa che mi era già capitata. È però vero che farlo davanti ad una serie di (inizialmente) sconosciuti è stato davvero un problema. Col tempo conoscendoci un po’ e iniziando a vedere che ognuno di noi faticava a parlare di sé, ci si accorgeva di essere tutti nello stesso stato. A sentirci tutti con ben o male le stesse sensazioni ci si trovava un po’ più “a casa” e il parlare diventava più facile. È anche vero che rispondere a varie domande ti porta comunque a parlare di te e a perderti magari in altre cose che non centrano con la domanda iniziale. Eppure tutto serve secondo me. Mi ricordo di una volta in cui avevo un problema con un ragazzo che mi piaceva. Ho iniziato a parlare con un mio amico per quasi un’ora di questa cosa; alla fine mi è venuta in mente una sorta di spiegazione più che plausibile sul motivo per cui mi trovavo ad avere quel determinato problema. Così mi sono accorta di quanto faccia bene parlare con chi hai vicino dei tuoi problemi. Anche se, devo ammettere, è probabile che io esageri, essendo che i fatti miei li racconto sempre a ottomila persone e forse è un po’ troppo…!
Fatta questa breve e forse poco centrata introduzione, possiamo passare al laboratorio svoltosi durante questo semestre, esaminando lavoro per lavoro.

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2011/2012 Marta Frascolla

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Marta Frascolla

“L'ALTRO”


Per questo progetto ho ideato un “opera d’arte” concettuale.
Partendo dal presupposto che intendo l’altro come un individuo diverso da me; ho pensato di prendere dei pezzi colorati di figure geometriche irregolari.
I pezzi colorati simboleggiano le diversità di pensieri, la varietà di sfumature con cui gli altri si approcciano alla vita.
L’irregolarità invece è data per simboleggiare il percorso complicato, e le difficoltà che si possono incontrare per conoscere l’altro.
Unendo questi pezzi (pensieri) formo una figura geometrica regolare, i vari tentativi di mettere i pezzi in modo da formare questa figura geometrica simboleggiano le varie strade che uno percorre, ripercorre oppure si accorge di aver sbagliato per conoscere l’altro.
Al momento che si forma questa figura geometrica è la fine del percorso di conoscenza dell’altro.


Le mie considerazioni:

Devo dire che su questo tema ho trovato molta difficoltà a trovare un’ idea; durante il laboratorio dove gli altri compagni hanno esposto i loro lavori sono rimasta colpita dal fatto che in molti hanno trovato difficoltà nello svolgere questo tema.
Mi ha colpito come effettivamente escono fuori i problemi di ognuno di noi tramite l’arte, ogni lavoro rispecchia il nostro modo di vivere di rapportarci con il mondo.
Soprattutto mi ha colpito come si può interpretare in diversi modi il tema dato, modi che a me non sarebbero mai venuti in mente.
L’altro inteso come comunicazione, l’altro inteso come lo sdoppiamento della personalità, l’altro come qualcuno da aiutare, l’altro come qualcosa di trasparente da sorpassare.
Questo esercizio mi fa riflettere su quanto ognuno di noi è egoista o generoso quanto è aperto o chiuso nella conoscenza dell’altro quanto è disposto a mettersi in gioco nella convivenza con gli altri in questo mondo che è all’ordine del giorno.

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2011/2012 Martina

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Martina

“L'ALTRO”


L’altro come la scoperta dell’ignoto.
L’altro per me è qualcuno che non conosco, quindi un essere neutro, nero o bianco.
Ho deciso di rappresentare l’altro con una scatolina nera con all’interno dei fili colorati, simbolo dell’anima, quindi ciò che rappresenta internamente la persona, questi fili possono essere colorati e felici o scuri e tristi a seconda del soggetto.
Io sono una persona positiva quindi nel mio cubo ho inserito fili colorati, in quanto cerco sempre di vedere il buono e il positivo in ogni persona.
Il cubo ha solo delle fessure attraverso le quali si può vedere al suo interno, ed è l’unica via x arrivare a conoscere la persona, x arrivarci bisogna “girarci intorno”,di conseguenza bisogna provare una certa curiosità e simpatia verso l’altro.

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2011/2012 Emanuela Gotta

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Emanuela Gotta

 

"L'ALTRO"
L’idea per questo progetto? L’ho sognato.
Non avevo la più pallida idea di come potevo rappresentare “l’altro”.
Una notte mi sono addormentata pensando al corso e ho sognato due persone sedute al tavolino di un bar; erano immobili, come fossero stati dei pupazzi ma vedevo le parole che di scambiavano uscire dalle due tazzine di caffè.
La mattina appena sveglia (per fortuna ho ricordato il sogno!) l’ ho trasformato in immagine e quindi in idea.
Il rapporto che ho con il caffè è particolare: lavoro già da qualche anno in un bar ed ho sempre a che fare con “l’altro”, il cliente. Per quanto tu possa conoscere un cliente il vostro rapporto si ferma all’argomento caffè quindi probabilmente saprete se lo preferisce macchinato, ristretto, se vuole lo zucchero di canna o il dolcificante e non molto di più.
Davanti ad un caffè ci si scambiano confidenze con un amico, ci si conosce, si parla del lavoro, ciò che può nascere dalla conversazione è un’incognita.

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2011/2012 Loredana Tobia Cascione

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Loredana Tobia Cascione

 

“Nessuno ha mai scritto, dipinto, scolpito, modellato, costruito o inventato se non, di fatto, per uscire dall'inferno”
Antonin Artaud.



Il corso di metodi di arte terapia sostenuto con il prof. Castaldi nell’anno accademico 2011-2012 presso l’Accademia Albertina di Torino è stato personalmente, un ottimo pretesto per dare forma (e in alcuni casi anche nome) alle mie piccole ossessioni, o come le ho soprannominate nodi, scoprendo un io costretto a vere e proprie circumnavigazioni, intorno ad accadimenti salienti del mio vissuto, nel vano tentativo forse di rimuovere insieme al problema, cause e ripercussioni: mi sono scoperta fragile e alle volte infantile ma, non ne ho provato vergogna. Perchè se un senso questo corso l’ha avuto, và sicuramente ricercato nel rapporto che si è instaurato nel corso dei laboratori tra studenti, professori e ospiti occasionali: tutti avevamo un vissuto più o meno difficile, tutti avevano le loro belle zavorre e alla fine tutti hanno raccontato di loro stessi, liberando energie ed emozioni in una dimensione quasi catartica.



"L'ALTRO"

Il mio percorso artistico si è espresso ancora una volta attraverso un manufatto cartaceo dal titolo “Prove di comunicabilità in. Torino: una lettera più volte piegata, criptica e dalle doppie letture. Affiorano dai collage, corpi senza volti o con oggetti al posto della testa e due sole frasi: “So solo disegnare”, accompagnato da una figura mutilata,il secondo: posto a sedere non garantito.
Più che una lettera, un prontuario di comunicazione da consegnare all’altro in caso di pericolo incontro: una metafora sull’impossibilità di comunicare con l’altro, percepito come un viaggio scomodo dal posto a sedere appunto non garantito.

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2011/2012 Simona Iamonte

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Simona Iamonte

 

Dal corso di arteterapia, seguito in questi quattro mesi, si sono affrontate molte problematiche legate ai problemi psichici causati da eventi ben precisi;tra i quali la guerra o le perdite di persone care,che entrano nel nostro metabolismo psichico e permettono di fare di una persone ciò che è.
L’arteterapia per me è quindi un metodo di scoperta di se stessi attraverso le arti, in un modo che può essere stato indotto (ad esempio con la partecipazione di un esperto) oppure con il semplice cimentarsi nell’arte (in modo più o meno inconscio) per mezzo di forme, colori, pennelli ,vari materiali, ecc..
Per quanto mi riguarda ho sempre visto l’arte come teraèpia,come mezzo di sfogo o,a volte,come piacevole passatempo..una sorta di”migliore amico” con cui dialoghi,che apprezzi e con cui a volte litighi pure,capace di metterti in crisi.L’Arte è lo scrigno dei tuoi segreti che solo tu e lui potete conoscere.
Il tema dell’arteterapia,da quando l’ho conosciuto,mi ha sempre attratto fortemente,forse perché l’arte ha sempre qualcosa da comunicare,soprattutto se nasconde problemi e emozioni che si preferisce non dire per paura(di cui è piena zeppa l’arte).
In seguito al laboratorio frequentato in questi ultimi mesi,sono riuscita a capire e a far riaffiorare piano piano i ricordi e le emozioni a cui magari prima non avrei mai dato peso.

"L'ALTRO"
Tema profondo e composto da mille sfaccettature.La mia idea di altro confluisce in 2 tipologie ben precise:”l’Altro anonimo” che non cattura la mia attenzione,dipinto di bianco su uno sfondo rosso;poi c’è “l’Altro” che coinvolgen particolarmente la mia attenzione,mi focalizzo sull altro(che sia persona o oggetto o animale)e cerco di capirlo e dargli un nome.Infatti ho disegnato una figura nera con un cuore giallo,che sarei io,perché credo siano tutti come me(o forse lo spero) con delle caselle da parole crociate sulla sua testa che indicano il mio bisogno di “collocare questa personalità altra.
Il lavoro dell’Altro è stato il più semplice perché è stato più istinrivo ed è saltato subito in mente molto tempo prima di realizzarlo e forse anche perché ci penso sempre…mi interessa parecchio la sociologia,quindi penso che l’immediatezza delle immagini per questo lavoro,sia data da questi fatti.

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2011/2012 Francesca

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Francesca

 

“L'ALTRO”

Chi è l’altro? Cosa rappresenta per me? Sono una ragazza molto socievole, adoro parlare con tutti quindi per me l’altro è indispensabile. Nel mio lavoro, l’altro è la mia metà. È la parte che manca per completare la mela, è un maschio e una donna che sono complementari, è un sole e una luna, quindi anche la parte opposta di me e infine l’altro è una mano bianca che stringe una nera, perché l’altro è anche la diversità che va accettata, quella parte mdi cui non possiamo farne a meno.
E anche questo lavoro, l’ho svolto a casa. Sì, è vero ho scritto che mi piace parlare con gli altri, ma di qualsiasi argomento tranne che di me stessa. Racconto di me solo a poche persone, solo a quelle con cui entro in confidenza, ma le cose intime, quelle più nascoste le tengo per me e non le dico a nessuno. Per me scrivere questo diario è importane, perché rileggendomi, posso capire cosa sbaglio nel mio comportamento e dove devo intervenire per correggermi. Forse a volte sono troppo severa con me stessa, ma l’autocritica è necessaria per rendere più forte la mia autostima, che spesso e volentieri tentenna. E così tappezzo la mia stanza di massime e proverbi che nei momenti di sconforto leggo e rileggo per farmi un lavaggio del cervello di quanto valgo e di quante cose posso raggiungere nella vita.

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2011/2012 Maria

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Maria

 

"L'ALTRO"

Altro: Persona o cosa diversa.

Da sempre l'uomo è circondato da altri, che possono essere persone o cose, l'uomo vive di rapporti sociali, per quel che mi riguarda non potrebbe farne a meno, ci sono poi casi di uomini solitari che tutto vogliono tranne che mettersi in relazione con altre persone, ma questi casi, penso, siano dovuti a dei disturbi o traumi.

Se mi venisse chiesto che cos'è per te l'altro, razionalmente mi verrebbe da dire che è un essere umano fisicamente simile a me e caratterialmente diverso, mi verrebbe da pensare a una persona con la quale posso divertirmi, dalla quale posso accrescere il mio sapere attraverso i suoi saperi, persone con le quali posso sfogarmi nei momenti più bui, persone che non sopporto per le incompatibilità caratteriali, persone con le quali collaborare, con le quali litigo, discuto, persone che stimo, che non comprendo, persone che odio e che amo, o che mi sono indifferenti, persone che mi fanno paura, che mi rallegrano le giornate o che me le distruggono, ma tutto questo e un rielaborato della mia razionalità, perchè in fondo nella mia vita quotidiana l'altro assume un ruolo nettamente diverso.

Mi capita spesso di rimanere spiazzata dalle reazioni delle persone che mi circondano, e una frase che pronuncio spesso in relazione all'altro è: <Ma perchè avrà reagito così? Io non lo avrei mai fatto> e tutto ciò mi ha portato a pensare, e sono arrivata alla conclusione che nell'altro non faccio altro che proiettare l'immagine di me stessa. Perchè rimango spiazzata per alcuni atteggiamenti delle persone? Perchè mi capita di paragonare le azioni delle persone a quello che avrei fatto io? Perchè inconsciamente mi viene da pensare che qualsiasi cosa accada tutti reagirebbero come me, direbbero le mie stesse cose, perdonerebbero le cose che perdonerei io e che proverebbero tutti le mie stesse sensazioni. Con il tempo ho imparato che non è così, e che ognuno, o comunque una gran parte di persone, ha i suoi buoni motivi per compiere delle azioni, e che io devo imparare a comprendere ed accettare, senza fare paragoni.

Per rappresentare tutto ciò ho deciso di fare delle foto, riprendendo il mio primo piano con i diversi stati d'animo.

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2011/2012 Federica

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Federica

 

“L'ALTRO”

Chi è l’altro?
Per questo laboratorio ci è stato chiesto di effettuare una performance, un disegno, qualunque cosa noi volessimo su un tema specifico: l’altro!
Io ho realizzato un dipinto ad acquerello in cui appare una casa, e davanti ad essa tre figure femminili, di spalle che stanno arrivando, mentre alla finestra, piccolina, una ragazza le guarda con un’espressione di stupore e paura sul volto.
L’altro per me è lo sconosciuto, il nuovo, lo straniero, colui che entra prepotente nella nostra vita, cambiandola.
L’atro può venir inteso come il nuovo che può spaventare fino a bloccarci. Nel mio caso, io sono una persona che è alla ricerca continua del nuovo, ma allo stesso tempo lo temo. La vita quotidiana, l’abitudine presto mi annoia, ma essere messa di fronte a una scelta, destra o sinistra, andare o restare, mi blocca. Che faccio?- Eppure , io credo che anche se fa paura dobbiamo aprirci al nuovo. Dobbiamo andare, gettare la fune e imbarcarci in qualcosa. Fosse anche solo un hobby, una passione, qualcosa da imparare non è necessario girare tutta l’India alla ricerca di noi, a volte si scopre che la felicità dopo aver girato tutto il mondo alla sua ricerca, era a casa nostra!

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2011/2012 Annalisa

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autrice:

Annalisa

 

“L'ALTRO”

Una linea per terra.( In realtà mi sarebbe piaciuto più una rete di fili trasparenti).
Due persone, una di fronte all’altra. In mezzo la linea. Le persone si guardano e poi cercano di andare ognuno nello spazio dell’altro, cercando di superare la linea. Dopo questa sorta di balletto, cercando di conquistare l’uno lo spazio dell’altro, la posizione cambia. E le due persone che prima si guardavano negli occhi, si girano di lato e guardano davanti a sé. Iniziano a camminare quindi l’uno accanto all’altro. Dandosi la mano se vogliono, ma senza superare mai la riga. Ognuno guarda la strada che ha davanti.
Titolo: Camminiamo soli, insieme.

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2011/2012 Lorenzo Casali

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autore:

Lorenzo Casali

 

Mesi fa, quando mi iscrissi al corso avevo una o due definizioni di arte in testa, suonavano più o meno così: “Arte come compenso ad uno squilibrio” e “Arte come lenitivo”. Entrambe si riferivano ad un problema che trovo tuttora fondamentale, cioè la possessione di un cervello sviluppato da parte dell'essere umano, che lo porta immancabilmente ad avere coscienza di se e quindi coscienza delle proprie sofferenze. Questo tipo di autocoscienza lo porta oltretutto all'alimentazione delle sofferenze patite, poiché il cervello è anche “costruttore” in grado quindi evolvere e mutare ciò che esso stesso concepisce. Lo squilibrio a cui mi riferisco invece deriva da un ulteriore caratteristica propria di questo organo: la sua divisione in due emisferi funzionanti per contrasto, che possiedono caratteristiche diametralmente opposte ed equivalenti. L'emisfero sinistro, che credo si possa definire “razionale” e quello destro, che indicherei come “Irrazionale”. In quel periodo leggevo, per interesse personale, una guida intitolata “Disegnare con la parte destra del cervello” in cui l'autrice, Betty Edwards, spiega di come si possano acquistare buone capacità nel disegno figurativo attraverso un sistema di esercizi utili a sviluppare l'uso dell'emisfero destro, l'unico in grado di “vedere” le cose per come stanno e di riprodurle su carta.

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2011/2012 MARCO ILLUMINATO

Elaborati prodotti durante il corso di Metodi e Tecniche dell'Arteterapia, tenutosi presso l'Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, anno accademico 2011/2012.

Autore:

Marco Illuminato

 

"L'IDENTITA'"

Il primo laboratorio che abbiamo fatto è stato quello sull’identità.
Il mio lavoro sono una serie di immagini che mi rappresentano, di spalle, ritagliate con o senza bordo. La mia figura (sempre la stessa) si rimpicciolisce e si ingrandisce.
Il momento in cui ho fatto questo laboratorio, a marzo, era un momento particolare perché da pochi giorni era morta mia nonna. Nel lavoro si vede come la mia immagine viene accostata ad una serie di figure ritagliate che danno un senso di mancanza e di vuoto. La mia immagine si ingrandisce e si rimpicciolisce perché nella mia esperienza mi sono sentito tantissime volte all’altezza delle situazioni e altrettante volte non ancora pronto per affrontarle.

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